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Università: tasse finalmente in calo. Anche quest’anno gli Atenei più cari sono quelli del Nord Italia.   

In coincidenza con l’apertura dell’anno accademico 2016/2017, l’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori ha realizzato l’indagine annuale sui costi delle università italiane, giunta alla VII edizione. La ricerca ha considerato cinque scaglioni di reddito di riferimento: per uno studente il cui reddito familiare rientra nella I fascia, il costo medio annuo delle tasse universitarie ammonta a 477,88 euro mentre si arriva ad una media di 2.265,32 euro per quanto riguarda gli importi massimi. Si tratta di cifre elevate ma che rispetto al 2015 hanno fatto registrare una flessione, anche perché alcuni atenei hanno modificato i metodi di calcolo delle tasse o innalzato i limiti di reddito entro i quali è possibile usufruire di particolari agevolazioni economiche.

Nel dettaglio, la diminuzione più alta è stata registrata per la III fascia: gli importi risultano in calo del -14,33%. Per la I, la II e la IV fascia, invece, la flessione è rispettivamente del -11,10%, -10,36% e -4,02%. In controtendenza gli importi massimi, che aumentano del +0,83%. Anche per l’anno accademico appena iniziato si conferma una delle principali evidenze emerse nei rapporti precedenti: le Università del Nord continuano ad imporre rette più alte rispetto agli altri atenei italiani. Considerando la prima fascia di reddito, i costi superano del +8,72% quelle delle Università del Sud e del +16,41% la media nazionale.

Escludendo l’Università del Salento, per la quale non è stato possibile calcolare una parte delle riduzioni previste (poiché l’ammontare delle tasse viene stabilito in parte in base all’I.S.E.E. e in parte in base alla media dei voti degli esami sostenuti con un metodo che non ha consentito di simulare lo sconto), l’ateneo più caro tra quelli considerati è l’Università di Verona, con 644,16 euro per le facoltà umanistiche e 698,16 euro per le facoltà scientifiche per la prima fascia di reddito. Segue l’Università La Sapienza di Roma, che prevede contributi minimi di 588,00 euro per le facoltà umanistiche e di 619,00 euro per quelle scientifiche. A tale proposito è opportuno specificare che non tutti gli atenei applicano importi differenti per facoltà umanistiche e scientifiche. Nelle Università che prevedono questa distinzione gli studenti delle facoltà scientifiche pagano importi maggiori: un iscritto alla Facoltà di Matematica, ad esempio, paga tra il 3,77% e il 7,25% in più rispetto ad un suo collega di Lettere, a seconda della fascia di reddito di appartenenza.

 

Il principale dato che emerge dal rapporto è sicuramente la flessione degli importi medi rispetto a quelli dello scorso anno. Finalmente una buona notizia per le famiglie che, già messe a dura prova dalla crisi, potranno ridurre, almeno in parte, lo sforzo economico necessario a sostenere i propri figli nel percorso di studi. Resta il fatto tuttavia che le rette sono comunque elevate, così come permane il problema legato all’evasione fiscale. In presenza di questo fenomeno, ancora molto diffuso nel nostro Paese, il metodo di calcolo degli importi in base al reddito dà luogo ad un vero e proprio paradosso: il figlio di un evasore può usufruire di agevolazioni di cui non ha bisogno, magari pagando meno del figlio di un operaio. “Insistiamo a ribadire ciò che chiediamo da anni: controlli capillari e sanzioni esemplari per evitare che i ‘furbetti’ usufruiscano abusivamente di fondi e contributi, togliendoli a chi ne ha realmente bisogno” – dichiara Rosario Trefiletti, Presidente di Federconsumatori.

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