AUMENTANO I NEET
“Non studio, non lavoro, non guardo la tv, non vado al cinema, non faccio sport” cantava Giovanni Lindo Ferretti nell’ ormai celebre brano ‘io sto bene’ dei cccp. Oggi la situazione non sembra troppo cambiata. Un giovane su quattro né studia né lavora. Vengono chiamati ‘neet’ (not in education, employment, training) e sono circa 2,2 milioni nel nostro paese. Appartengono alla fascia d’età 15-29 e rappresentano il 23,4% della popolazione secondo Bankitalia. Si stima un incremento del 3,4% rispetto al periodo 2005-08.
Come al solito c’è una forte differenziazione per genere e territorio. Le donne sono più colpite dal fenomeno, le giovani ‘neet’ sono infatti oltre il 26% contro il 20% degli uomini. Le variazioni più importanti si sono avute al nord e al centro Italia, ma questo non vuol dire che il fenomeno non riguarda il sud, anzi. Il sud Italia non ha rilevato grandi cambiamenti con la crisi, in quanto aveva un tasso di giovani che né studiano né lavorano, già molto alto prima della crisi.
Ad alimentare questo fenomeno sicuramente ha inciso, a livello nazionale, la profonda crisi mondiale, ma probabilmente questo non è l’unico motivo. Bisogna considerale le motivazioni di tipo sociali e psicologiche. La maggioranza dei giovani in questione vive con i genitori, hanno scarsa fiducia nelle loro possibilità e in quelle degli altri. La politica viene vista non come un opportunità di cambiamento ma come un oggetto statico che intralcia il cammino delle idee e dell’innovazione. Un circolo chiuso, una ‘casta’ che bada ai propri interessi e alla quale non è possibile avvicinarsi. I media sono onnipresenti e offrono continui motivi di svago e distrazione. Desensibilizzando i giovani e diffondendo una sensazione di impotenza.
In questo contesto molti giovani si lasciano sopraffare dalla noia e dall’apatia, perdendosi in una sorta di indifferenza totale. Trovare passioni è la risposta. I giovani devono uscire da questa continua e nauseante disillusione e tornare a sognare ed innamorarsi di tutto quel che fanno. Anche quando i mezzi e le opportunità vengono a mancare.